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Giorni, più probabilmente ore. Poi l'avventura di Thiago Motta alla Juventus verrà definitivamente archiviata.

Il progetto triennale nato la scorsa estate è già naufragato tra risultati deludenti, scelte discutibili e un rapporto mai decollato con l'intero ambiente bianconero.

La società, dopo una settimana di riflessioni, ha deciso di anticipare i tempi dell'esonero che sarebbe comunque arrivato più avanti.

Il tentativo è quello di ricompattare lo spogliatoio intorno a un allenatore che riporti lo spirito Juventus e centrare il quarto posto, obiettivo fondamentale per non dover ripartire nuovamente da zero.

Ma cosa c'è dietro l'esonero immediato di Thiago Motta?

L'INTEGRALISMO TATTICO DI MOTTA

Nei giorni scorsi, durante l'unità di crisi tenuta alla Continassa tra i dirigenti e Thiago Motta, la richiesta era stata chiara: cambiare.

Un verbo che il tecnico ha sempre mostrato di non pronunciare volentieri, dato che fin dal giorno del suo insediamento ha schierato la Juventus con lo stesso modulo a prescindere dai giocatori a sua disposizione.

L'integralismo tattico nel calcio moderno però non paga. E non ha pagato neppure questa volta.

Anche a costo di schierare elementi di primo piano evidentemente fuori ruolo. Un esempio? Koopmeiners, partito trequartista, poi arretrato come mediano ed infine schierato addirittura da esterno destro.

Il tutto ruotando vorticosamente uomini senza riuscire a dare certezze ad una squadra che, arrivati a fine marzo, non ha punti fermi praticamente in nessun reparto.

UNA SQUADRA SENZA CARATTERE

Dopo la clamorosa eliminazione subita in Coppa Italia per mano dell'Empoli, Thiago Motta ha scaricato pubblicamente la squadra:

"Provo vergogna. Abbiamo fatto un primo tempo per cui provo vergogna e spero che anche i miei giocatori la provino. Possiamo sbagliare tutto ma non l'atteggiamento in questo modo. Il pubblico è stato fin troppo gentile con noi dopo quanto visto nel primo tempo. Spero in una reazione dei giocatori, immediata. Ripeto, provo vergogna per quello che ho visto in campo oggi soprattutto nel primo tempo. Oggi in campo non abbiamo dato niente. Abbiamo giocato col portiere minimo 20 volte, senza prenderci nessuna responsabilità. È inammissibile. Bisogna solo chiedere scusa ai tifosi, alla società e alla storia di questo club. Abbiamo toccato il fondo".

Parole che evidentemente non sono certo servite a migliorare il rapporto con uno spogliatoio già perplesso dai metodi dell'allenatore, che peraltro ha grosse responsabilità anche sull'aspetto emotivo.

Tocca alla guida tecnica, infatti, trasmettere certi valori specie ad una rosa tra le più giovani del campionato che forse deve ancora capire cosa significhi davvero vestire la maglia della Juventus. Impresa questa che a Thiago Motta evidentemente non è riuscita.

IL RAPPORTO CON LO SPOGLIATOIO

Inutile girarci intorno: la scintilla tra Thiago Motta e lo spogliatoio non è mai scoccata.

L'allenatore non è riuscito a creare quell'empatia necessaria in qualsiasi gruppo di lavoro per rendere al meglio. Nel calcio come in altri campi.

Thiago Motta ha chiesto, ed ottenuto, la testa di molti dei senatori bianconeri. L'ultimo in ordine di tempo è stato Danilo, scaricato frettolosamente a gennaio peraltro nel pieno di un'emergenza proprio in difesa causa infortuni.

E poi c'è il caso Vlahovic, passato da titolare inamovibile a panchinaro fisso subito dopo lo sbarco a Torino di Kolo Muani.

I RISULTATI

Nel calcio, si sa, comandano sempre e soprattutto i risultati. E quelli della Juventus di Thiago Motta sono impietosi.

Prima la serie infinita di pareggi in campionato che ha fatto perdere troppo presto contatto con la vetta della classifica, poi la rimonta subita in semifinale di Supercoppa Italiana contro un Milan scosso dall'esonero di Fonseca.

Quindi ecco le due cocenti eliminazioni da Champions League e Coppa Italia, rispettivamente per mano di PSV ed Empoli. Non esattamente due avversari fuori portata.

Per finire altre due pesanti sconfitte, consecutive, contro Atalanta e Fiorentina che hanno fatto precipitare il mondo Juve dal sogno Scudetto al quinto posto, che ad oggi significherebbe restare fuori dalla prossima edizione della Champions League.

Un fallimento insomma, senza se e senza ma.

MA NON È SOLO COLPA SUA

Thiago Motta ha le sue responsabilità e, come spesso accade agli allenatori quando le cose non vanno bene, pagherà per primo. Ma non è l'unico responsabile del fallimento di un progetto che doveva ridare gioco ed entusiasmo alla Juventus.

Le mosse della società sul calciomercato, sia in estate che a gennaio, ad oggi lasciano a dir poco perplessi. Gli investimenti più onerosi, da Koopmeiners a Douglas Luiz passando per Nico Gonzalez, non hanno ripagato le attese. Anzi.

A gennaio poi ci sono volute settimane prima di portare a Torino un paio di difensori nonostante l'emergenza nel reparto, dovuta al grave infortunio occorso a Bremer ad ottobre, fosse sotto gli occhi di tutti da mesi.

Infine ecco il balletto sull'esonero di Thiago Motta, pubblicamente confermato (a tempo) da Giuntoli subito dopo il tracollo di Firenze nonostante un'altra prestazione indifendibile.

E poi scaricato una settimana dopo quando si è capito che andare avanti, anche solo per qualche settimana, era diventato impossibile. Un clima di confusione perenne che, di certo, non facilita il lavoro di nessuno. Allenatori compresi.

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